‘Il semiprofessionismo in serie C: una svolta epocale’
Nel programma di Gravina per la Figc professionismo solo in A e B, con 40 squadre
Nel programma di Gravina per la Figc professionismo solo in A e B, con 40 squadre
A sentire Giovanni Malagò il 29 gennaio potrebbe anche non essere la giornata decisiva per il ‘governo’ della Figc e, comunque, le elezioni non rappresentano, statistiche alla mano, una priorità per quasi il 90 per cento dei campioni intervistati. Ma Gabriele Gravina, presidente dalla serie C, va avanti per la sua strada, convinto che fra 10 giorni ci sarà un nuovo presidente, anche determinato a fare il possibile perché ad ottenere la maggioranza sia lui. Senza, però, accordi con gli altri, “anche perché ho scelto la strada della coerenza da sempre, nella mia vita e nel calcio. Io ho, nella mia piattaforma programmatica, obiettivi e percorsi per raggiungerli, che sono anche molto articolati, con punti fermi che sono diversi da quelli degli altri candidati. Ci credo e di compromessi il nostro calcio non ha bisogno”. Per il suo programma Gravina ha scelto un titolo forte, “La partita del futuro”, che è pronto a giocare. Anche il sottotitolo ha una motivazione importante, “il senso del movimento per un nuovo calcio italiano”. “Per me il senso del movimento calcistico è quello di un movimento di persone, che sono i professionisti a vario titolo, dirigenti, tecnici e giocatori, ma anche i tifosi e gli appassionati, che vanno in una sola direzione, quello di un calcio di valore e di valori”. Una piattaforma per rilanciare il calcio: non tanto e non solo perché l’esclusione dai Mondiali è una macchia. “Mi definisco un ragazzo con qualche anno di esperienza: a chi sostiene che gli innovatori devono avere un po’ di incoscienza, io rispondo che serve coraggio, anche la capacità di capire cosa può essere realizzato davvero, alimentando sogni che possono diventare realtà e non restare utopie”. Parola cruciale è la sostenibilità, “a tutti i livelli: sportiva, economica, etica e sociale”. Detto in un momento in cui la Lega di C ha perso una realtà come il Modena e ha il Vicenza fallito, anche se ancora in gioco grazie all’esercizio provvisorio. “Sono due casi di società scese dalla B: portarsi in eredità contratti pesanti, con mutualità che cambiano, determina un aggravio economico che spesso è insostenibile. Va detto, però, che la singola Lega non ha poteri di intervento in questo senso. Deve, però, cambiare il valore del calcio nel contesto sportivo: oggi il calcio rappresenta il 26 per cento di tutto il mondo sportivo del Coni e il 22 per numero di società. Negli ultimi nove ani dalla Figc sono stati erogati contributi fiscali e previdenziali per oltre 9 miliardi di euro, ricevendo dal Coni contribuzioni per circa 700 milioni. Da questi numeri emerge – insiste Gravina – il disagio con cui il sistema calcio vive oggi il rapporto con l’ambiente sportivo proprio sul tema della distribuzione delle risorse”. Gravina è esplicito. “I tagli operati dal Coni hanno messo in grande difficoltà la tenuta dei conti, con ‘sofferenze’ palesi per le nostre società e per molte diventa estremamente difficile trovare punti di equilibrio economico – finanziario”. Giovani e impiantistica sono i due asset. Una obiezione che viene mossa, proprio alla serie C, però, è che comunque i giovani bravi giocano sempre, senza necessità di liste bloccate di over. “Il ragionamento è diverso, quello che adesso manca è una ottimizzazione della filiera giovanile, che parte dai campionati dilettantistici per arrivare alla B: crescita graduale e il ragazzo che approda nelle massime categorie è pronto. Questo è un obiettivo del progetto ‘Laboratorio Italia’, che io ho inserito nella mia piattaforma programmatica e costruito sulla formazione, organizzata in modo che sia per le leghe, sia per le società, sia per i club”. Uno dei nodi cruciali è quello della riforma dei campionati, con una ridefinizione del perimetro del professionismo, riducendo il numero delle squadre. “Serve un progetto epocale, in grado di ridare slancio, creare risorse e migliorare la qualità. Oggi l’area del professionismo è tra le più ampie e ramificate in Europa e la riforma va nella direzione della sostenibilità”. Cosa prevede la svolta epocale? “Professionismo a 40 squadre, 20 in A e 20 in B, a girone unico, che può essere attuato in tempi molto rapidi. . La vera innovazione è identificare e collocare i 60 club di Lega Pro in un livello agonistico nuovo, quello del ‘semiprofessionismo?. Che, peraltro, proprio una innovazione non è, visto che negli anni ’70 si parlava di semipro e la prima Coppa Italia di C, vinta dall’Alessandria, era etichettata come Coppa Italia Semiprofessionistica. “Questo passaggio, di 60 squadre, sempre suddivise in tre gironi, non va assolutamente ad incidere sulla sfera della Lega Nazionale Dilettanti, anche in questo caso i tempi di attuazione sono rapidi, ma con la definizione precisa della nuova cornice normativa. Questo settore sarebbe una novità dirompente per tutto lo sport italiano: da parte del legislatore nazionale l’allargamento di alcune disposizioni, soprattutto in materia fiscale e tributaria, già previste per l’associazionismo e per le onlus, un nuovo sistema con indubbie agevolazioni”. Non c’è il rischio di una fuga da un campionato non più professionistico? “Qui interviene la federazione, che deve introdurre disposizioni sia per la definizione e la stabilità dei rapporti contrattuali con giocatori, allenatori, direttori sportivi, sia per le dinamiche del tesseramento, la composizione degli organici, i rapporti economici, il sistema dei controlli e delle garanzie. In questo modo i club avrebbero meno costi e più risorse a disposizione, anche da investire nelle strutture e nei vivai”. Molti i temi centrali: impianti, rapporti con i tifosi, interazione con i territori, “perché le società non sono patrimonio di un singolo, ma di una collettività, di un territorio appunto, che da questo può trarre benefici, ma deve contribuire a ottenerli”. Un punto che divide è quello delle ‘seconde squadre’: come si pone Gabriele Gravina candidato alla presidenza della Figc? “Anzitutto deve essere ben chiaro lo status di queste squadre, come e dove inserirle e come salvaguardare l’equilibrio competitivo”. Perché, aggiungiamo, non avrebbe senso prevederle e poi considerarle come ‘fuori classifica’. “Ci sono poi da valutare limiti di età, vincoli legati alle limitazioni dello status federale e alla mobilità. E, comunque, se si dovesse arrivare a questa innovazione, non dovrà essere solo per la Lega di C, che anche per obiettivi contenuti in altri programmi rischia di essere sempre quella in cui si sperimenta tutto, senza una adeguata considerazione”.