Nibiö, tutta la storia del recupero di un vitigno d’eccellenza
Forse non tutti sanno che il Nibiö è un vitigno coltivato nel comune di Tassarolo da più di mille anni. Imparentato con ogni probabilità con il Dolcetto, in passato era considerato dagli abitanti della zona il "Re dei vini"
Forse non tutti sanno che il Nibiö è un vitigno coltivato nel comune di Tassarolo da più di mille anni. Imparentato con ogni probabilità con il Dolcetto, in passato era considerato dagli abitanti della zona il "Re dei vini"
Caratterizzato da una produzione limitata ma di eccellenza, il vino si caratterizza per colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei e profumo complesso di frutti di bosco. Oggi è diventato oggetto di una particolare tutela, garantita prima di tutto dall’Associazione “Terra del Nibiö”, costituita nel 2007 con lo scopo principale di tutelare e valorizzare il vitigno anche attraverso un Codice di Autoregolamentazione che regola i criteri di produzione.
Grazie al lavoro dell’Associazione e del suo Presidente, la signora Luigia Zucchi, negli anni sono state svolte numerose ricerche storiche ed etnografiche su questo vitigno, cercando, tra l’altro, di approfondire i suoi legami con il Dolcetto.
Una prima ricerca storica, realizzata dal Dottor Bruno Merlo, enologo oggi Sindaco di Parodi Ligure, ha messo in evidenza che nella zona che comprende l’Ovadese, la Val Lemme e il Novese con il termine dialettale “Nibiö, e con le varianti che cambiano da paese a paese (Nebieu, Nebiö, ecc.), è stata da sempre indicata l’uva nera per eccellenza, la più apprezzata, la più coltivata, uno dei vitigni più antichi presenti sul territorio.
Il termine “Dolcetto” (in dialetto Duset, Dusettu, ecc.) è invece stato usato poco in passato e si è affermato con maggior fortuna in tempi recenti, in particolare a partire dal riconoscimento della DOC (anni ’70). Le testimonianze raccolte da persone anziane in attività negli anni ‘30/40 confermano che per la qualità a bacca rossa il vitigno più diffuso era il Nibiö: maturava presto, spesso prima dell’inizio delle piogge autunnali, non era molto produttivo ma dava un vino di qualità eccellente, grado alcolico medio alto, morbido e molto ricco di profumi, pagato più degli altri vini.
Da questa ricerca appare evidente quanto diffuso e radicato nella zona sia stato nei secoli l’uso del termine Nibiö o Nebieu o Nebiò ad indicare questo particolare biotipo di uva, diverso dal Dolcetto, ma con ogni probabilità appartenente alla sua “cultivar”. Tale radicamento, sommato ai tanti riferimenti documentali e storici, alle testimonianze e alla presenza in alcune vecchie vigne di ceppi tuttora identificati come Nibiö, richiama l’importanza che il vitigno ha avuto nella storia viticola del nostro territorio e sottolinea la ricchezza di significato che il termine racchiude e le ragioni che giustificano la sua salvaguardia.
Un’altra ricerca importante è stata fatta dal Professor Failla della facoltà di Agraria dell’Università di Milano, che con la sua equipe ha studiato per 3 anni i 2 vitigni Nibiö e Dolcetto, analizzandone analogie e differenze.
Questo studio conferma la tesi secondo la quale il Nibiö deve considerarsi una tipologia (biotipo geografico) del vitigno Dolcetto coltivata tradizionalmente nell’area compresa tra Novi, Gavi ed Ovadese.
L’analisi comparativa ha messo in evidenza differenze morfologiche relative alla dimensione del grappolo e della bacca e comportamenti fisiologici differenziati relativamente alle dinamica di maturazione e di invecchiamento delle foglie
Si ritiene pertanto che la proposta di consentire l’utilizzo del nome Nibiö per i vini prodotti nella zona indicata, con le uve del vitigno Dolcetto, abbia una solida base storico-etnografica.
A Settembre l’Associazione presenterà una nuova istanza al Comitato Regionale Vini per il riconoscimento della parola Nibiö, associandolo alla parola Dolcetto. In passato, infatti, la precedente istanza non era stata accattata a seguito dell’opposizione del Consorzio Barolo per la similitudine con la parola Nebbiolo.