La lacrime tenute dentro da mesi. Per la conquista di tutti
Adesso possiamo piangere. Piangere non è da deboli, piangere è da persione forti, che soffrono più di tutti. Piangere è bello e non ha età. Quelle lacrime liberatorie che ci siamo tenuti dentro per settimane. Almeno da Viterbo, ma anche prima: dalla sciagurata gara a Como, squadra che rischia di uscire dal calcio per le vicende societarie, e poi Cremona, e poi Siena, e poi Viterbo, e poi Tivoli. Lacrime amarissime, di quelle che scavano dentro, perché non possono venire fuori. La gara di andata a Lecce ha detto a tutti che l’Alessandria poteva farcela e che il pareggio, là allo stadio di ‘Via del Mare’ era pure stretto. Il primo tempo, oggi, ha messo di nuovo un po’ di paura: Lecce aggressivo, pericoloso, Lecce che scappa sulle fasce e Grigi che corti non riescono a essere, che perdono troppe seconde palle, che devono contenere e mettono il primo cross vero dopo 42 minuti. Pure fatto bene, e Cosenza rischia anche l’autogol per salvarsi in angolo, ma comunque dopo 42 minuti. Invece, la ripresa è migliore, Mezavilla tiene la squadra più alta, l’ingresso di Sestu dà più fantasia e più pericolosità. Ma non basta e Vannucchi fa gli straordianri, ma nel conto delle conclusioni in porta, nei 90 il Lecce è a 10 e i Grigi a 4. Però sono ben dentro la gara e quando fanno fatica la gente del Mocca li spinge. Suppplementari: nel primo l’unica opportunità è per Marras. nel secondo, a meno di 120 secondi dalla fine, la traverso di Mancosu gela il Moccagatta per una frazione di secondo. Ma oggi è un giorno speciale, che deve andare alla storia. Un giorno da cerchiare in rosso. Per tutti: per la gente dei Parterre, con una tshirt speciale. ‘2016 – 2017. Ist’ani e pò pù’, per la Nord che se il pubblico di Lecce è da serie A (come sostiene il presidente dei salentini), questo è da Champions come minimo. Per tutto il Moccagatta che è una bolgia. Rigori, allora: sbaglia Costa Ferreira e quando calcia alle stelle già si intravede, in lontananza, il Duomo di Firenze. Poi tutti a bersaglio e quando Sestu va sul dischetto si pensa che ci siamo, si può iniziare a festeggiare. Invece, non saremmo Grigi se non dovessimo prolungare la sofferenza e l’attesa: 4-4. Si va a oltranza. Per fortuna breve, perché il cuore incomincia a dare strani segnali: Ciancio, l’ex che poi va ad applaudire la Nord, calcia sul palo e il pallone torna in campo. Poi va Niccco: palo anche lui, ma palla dentro. Adesso possiamo piangere, adesso possiamo cantare, adesso possiamo dire: “Andiamo a Firenze”. Insieme a Reggiana, parma e Pordenone, il trionfo del calcio del Centro Nord. “Andiamo a Firenze” Che, per noi, è un po’ come ‘andiamo a Berlino’. Perché vogliamo lo stesso epilogo. Perché vogliamo piangere ancora. Lacrime di gioia