Tra le opere in nero
‘L’opera al nero’ era il titolo di un romanzo di Marguerite Yourcenar in cui si raccontava la storia di Zenone, un alchimista vissuto nella Bruges dei primi anni del Cinquecento. Il nero era il colore melanconico di un umore che se prevaleva dava alla tua esistenza un nonsoché di malinconico e di pensoso.
Un titolo simile, per una mostra, dimostra la volontà di insistere sul valore estetico del nero, quale colore che li unisce tutti. Il colore non è solo un fenomeno naturale, come afferma Michel Pastoreau, ma una costruzione culturale complessa che rifugge le generalizzazioni, se non addirittura le analisi e presenta problemi di difficile soluzione. Per cui bisognerebbe indagare ciascuna opera e riuscire a dimostrare come ciascun autore abbia voluto indicare con il nero un preciso valore simbolico.
Per questo, anche se quello di nero è un concetto assoluto, non si può affermare che questo colore sia lo stesso per tutti, a qualcuno serve per identificare la mancanza di luce, a qualcun altro per creare un fondo su cui possano stagliarsi elementi segnici capaci di risaltare in modo inusuale, oppure ancora per definire uno spazio in cui si afferma una figura risparmiata. Ma è sicuramente la sensibilità del fruitore a stabilire la forza di un’immagine, confrontandosi con le opere di F. Bertasa, D. Borrelli, L. Carboni, P. Castels III, M. Cosua, V. D’Augusta, S. D’Ambrosio, G. De Dominicis, G. Dessì, S. Di Stasio, S. Ferrarini, P. Fiorentino, G. Fracanzano, O. Galliani, A. Maltoni, P. Mignard, G. Notargiacomo, C. Olivieri, V. Pisani, P. Ruggeri, Serse, B. Strozzi, G. Zucchini.
Opere in nero
Studio Vigato, via Ghilini 30; fino al 10 giugno; orario: lunedì/sabato, 9.30-12 e 15-19.30