Il campionato degli errori. E dei molti colpevoli
Sempre incapaci di sfruttare tutte le occasioni. A Tivoli si completa il disastro
Sempre incapaci di sfruttare tutte le occasioni. A Tivoli si completa il disastro
Cari giocatori, che state sul campo, sdraiati, gli occhi rivolti chissà dove, le mani nei capelli, dovreste salire sulla tribunetta dove sono 120 tifosi partiti all’alba da Alessandria, perché ci credevano. Credevano in voi, in un tecnico che, sono parole vostre, ha riportato la serenità, in una società fra le più solide. Credevano, tanto, e l’occasione per restituire loro tutto quanto hanno dato in 42 anni, l’avete avuta. Invece di stare in campo, andate a vedere la gente che piange, che non si dà pace, che non può accettare per il terzo anno consecutivo di illudersi e poi di rimanere con niente in mano e vedere gli altri festeggiare, quelli che erano distanti 10 punti. La gara di Tivoli è la sintesi del girone di ritorno, di una involuzione che è inaccettabile e che sembra, all’apparenza, inspiegabile. In realtà, le spiegazioni sono tante: dopo la sosta una flessione con piccoli sprazzi di risveglio, ma senza continuità, un mercato che ha portato tre giovani poco utilizzati e un attaccante esperto che ha giocato oggi, alla penultima giornata, la sua prima gara da titolare. L’appello alla coscienza doveva essere fatto ai giocatori dell’Alessandra, che avrebbero dovuto sbranare la Lupa Roma e poi scoprire di aver messo, così, più di un piede in B. Avrebbero dovuto farlo senza fare calcoli su altri risultati e, invece, non sono stati capaci neppure di raccogliere quell’implorazione del pubblico, quel ‘Fate gol, fate gol’ dopo il vantaggio del Livorno, che è rimasta richiesta inascoltata, anzi tradita. Pare, addirittura, che qualcuno di voi si sia permesso anche di fare un gesto deprecabile a chi chiedeva una spiegazione. Luca Di Masi chiede scusa, forse oggi anche il presidente si è reso conto del peso degli errori, anche di fiducia mal riposta. La beffa del primato inutile è l’ultima pugnalata: l’Alessandria rischia di essere la squadra che chiude in testa un campionato, alla pari, e non è promossa. Non per meriti altrui, ma per demeriti propri. E i playoff rischiano di diventare l’ennesima recita di attori che si sono dimostrati non all’altezza.