Mamma e papà, due alieni sul pianeta Terra
Nella sede dell'associazione Cultura e Sviluppo venerdì 28 ha avuto luogo la prima serata del ciclo di incontri del Progetto Genitori. Ospite lo psicoterapeuta dell'età evolutiva Alberto Pellai, che ha spiegato perché "i papà vengono da Marte, le mamme da Venere", titolo del suo ultimo libro
Nella sede dell'associazione Cultura e Sviluppo venerdì 28 ha avuto luogo la prima serata del ciclo di incontri del Progetto Genitori. Ospite lo psicoterapeuta dell'età evolutiva Alberto Pellai, che ha spiegato perché "i papà vengono da Marte, le mamme da Venere", titolo del suo ultimo libro
ALESSANDRIA – Si sente dire spesso che quello del genitore è un “mestiere” certamente tra i più difficili. Come nel caso di quasi tutti i mestieri quando c’è cooperazione e condivisione d’intenti è più facile che il compito da svolgere si porti a termine nel migliore di modi; e il compito genitoriale non fa eccezione.
Lo scrittore e psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai venerdì 28 novembre è stato invitato dall’associazione Cultura e Sviluppo per presentare il suo ultimo libro “I papà vengono da Marte, le mamme da Venere”, scritto a quatto mani con la moglie e psicopedagogista Barbara Tamborini. La serata è la prima del ciclo di incontri del Progetto Genitori, realizzato da Cultura e Sviluppo in collaborazione con l’associazione alessandrina “Il Porcospino”.
Il papà e la mamma sono due alieni: il primo è un marziano perché arriva da Marte, la seconda venusiana in quanto originaria di Venere. Due pianeti molto distanti che però, ad un certo punto, devono necessariamente incontrarsi (e, proprio per non provocare una “catastrofe”, evitare di scontrarsi…). Una semplice allegoria, che però fotografa abbastanza fedelmente come stanno le cose nella realtà.
Nel suo libro Pellai cerca di capire cosa succede quando un uomo entra nel ruolo di padre e una donna in quello di madre e come mai, molto spesso, la nascita di un figlio porta con sé traumatiche trasformazioni nell’affettività della coppia.. Innanzitutto l’esperto precisa che l’uomo e la donna vivono i vari momenti della genitorialità in maniera molto diversa, e ciò si nota già durante la gravidanza, quando la coppia si relaziona agli altri nella vita quotidiana. “Solitamente quando una donna sta per diventare madre da subito “fa cerchio” con le altre mamme e tutto diventa quasi automatico” spiega Pellai “questo aumenta in modo significativo le competenze educative materne, perché già in partenza c’è la costruzione di una specie di comunità. Negli uomini, invece, questo aspetto di condivisione è poco presente, anzi, quando si trovano in gruppo i maschi tendono a banalizzare l’argomento, sia nel caso di un’imminente paternità che nel caso di un prossimo matrimonio”.
Nei futuri papà, insomma, esiste una sorta di rifiuto interiore verso i momenti di condivisione delle esperienze genitoriali, considerati praticamente inutili; conferma del fatto che tra maschi e femmine esiste un diverso modo di entrare nel ruolo di genitori. Molto spesso i padri si investono di un ruolo estremamente responsabile nei confronti del nascituro, ma questo va poi ad incidere sulla qualità della relazionalità del rapporto padre-figlio/a. “Diversi papà, soprattutto nei primi momenti della genitorialità, provano una sorta di disagio per questa nuova situazione” afferma lo psicoterapeuta “e per appagare il loro senso di responsabilità interiore nei confronti della famiglia iniziano a lavorare di più. Questo atteggiamento lascia però la madre a svolgere il suo ruolo in solitudine”.
Ma, a quanto pare, tutto è già scritto nel nostro cervello e, per quanta buona volontà i papà possano mettere, certe carenze sembrerebbero inevitabili. Studiando la massa cerebrale, infatti, la neuroscienza ha scoperto che nel cervello delle donne ci sono molte più competenze emotive e relazionali, e le maggiori zone di collegamento tra le diverse aree del cervello permettono un’integrazione superiore tra la zona emotiva e quella cognitiva. “Di fronte a situazioni emozionali fortemente stimolanti la donna ha più possibilità di gestire meglio le circostanze” dichiara Pellai “l’aumento ormonale dovuto alla gravidanza e all’allattamento va ad interagire con l’area emotiva e quella cognitiva del cervello, di conseguenza la mamma è come se fosse costantemente sintonizzata con il bambino”. Se la mamma, però, non regola questa ipersensibilità rischia di eccedere diventando iperprotettiva. I papà possono quindi essere straordinari regolatori dell’ansia della mamma, dando un sano contributo al percorso di crescita del bambino. I due genitori, soprattutto con il passaggio all’adolescenza, devono “sincronizzare” i loro diversi codici di lettura, la coppia deve aver fatto un percorso evolutivo in cui, volta per volta, i due punti di vista sono stati assorbiti da entrambi.
Marziani e vesuviane, insomma, devono incontrarsi per dare vita ad un unico universo; “i due genitori” conclude Pellai “devono costruire un’unica mente genitoriale che proponga al figlio o alla figlia un progetto educativo nella quotidianità, rispetto al quale mamma e papà diventano una cosa sola”.