Rizzello, “abbiamo le competenze, ma le idee devono arrivare dalla politica”
Ruolo dell'università, la questione irrisolta della nuova sede, le idee per respirare futuro, il rapporto con il territorio. Alla vigilia di importanti novità il direttore del dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Salvatore Rizzello, racconta la sua Avogadro
Ruolo dell'università, la questione irrisolta della nuova sede, le idee per ?respirare futuro?, il rapporto con il territorio. Alla vigilia di importanti novità il direttore del dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Salvatore Rizzello, racconta la ?sua? Avogadro
Ma l’osservatorio non è mai nato.
Tra i protagonisti del convegno, c’era anche il direttore del dipartimento di Giurisprudenza, Scienze Politiche, Economiche e Sociali, Salvatore Rizzello. Lui non si arrende, e torna a mettere in campo le competenze dell’università.
Professore, partiamo da quel convegno? Che ne è stato delle idee messe in campo?
La crisi istituzionale che ha investito gli enti, a partire dalla Provincia e dalla Regione, e il dissesto del comune di Alessandria hanno sicuramente inciso sul fatto che quell’idea non abbia avuto seguito. Quel che era emerso da quel tavolo era la volontà di mettere in campo idee forti: prima le idee, poi le risorse. Sono gli ottimi progetti a fare da catalizzatori delle risorse. Ma tali progetti devono emergere prima di tutto in un luogo, quello della politica, il Comune in primis.
Ci fu anche qualche momento di incontro successivo a quel tavolo, da me proposto, con il tentativo di focalizzare l’attenzione su alcune tematiche, come il piano delle risorse energetiche, quello per la mobilità, quello per la valorizzazione degli edifici pubblici.
Noi, in quanto Università possiamo mettere gratuitamente in campo le nostre competenze, che sono notevoli e abbracciano un ampio spettro, attorno alle quali si potrebbero aggregare altre realtà, come il Politecnico. La città inizierebbe, così, a respirare aria di futuro. A mio avviso non può esserci altra risposta alla crescita se non si guarda in prospettiva – Trento e Siena ne sono un esempio – e se puntiamo tutto sull’Università, ma soprattutto su un progetto condiviso, non possiamo perdere. Occorre dare una prospettiva di speranza e non continuare a soffermarsi sulla carenza di risorse economiche.
Sono molto soddisfatto. Lo sdoppiamento dei corsi di Alessandria e Novara di giurisprudenza e l’attivazione del nuovo corso di economia sono stati un grande successo. Abbiamo registrato un aumento degli iscritti in generale e raddoppiato il numero delle matricole. Confidiamo di consolidare questo risultato in controtendenza con i dati nazionali.
E anche per quanto riguarda la didattica siamo ai primi posti in Italia.
A breve il Senato accademico delibererà una nuova offerta formativa, attenta alla richiesta del mondo del lavoro e del territorio. Il nostro obiettivo è quello di puntare sulla qualità e sul rinnovamento.
Un successo che però rischia di tornare indietro come un boomerang a causa della cronica mancanza di spazi. Ci sono novità sul fronte della nuova sede?
Abbiamo attrezzato per il secondo semestre una nuova aula da 100 posti su via Mondovì mentre la nuova sala lauree sarà utilizzata anche per le lezioni, riuscendo così a recuperare altri 100 posti. Sono però soluzioni tampone che ci consentono di andare avanti per un anno e mezzo. Nel giro di tre anni, occorre assolutamente dare una risposta immediata al problema degli spazi.
Sull’ex caserma dei carabinieri la situazione si è impantanata.
C’era poi l’ipotesi di un campus agli Orti, poi quella dei locali attualmente occupati dall’Esselunga. Ipotesi emerse e poi dissolte.
Noi siamo pronti a recepire qualunque proposta seria, ma non nascondo le preoccupazioni. Non vorrei mai dover arrivare ad adottare misure drastiche, come l’introduzione del numero chiuso. E’ assurdo come ci siano corsi apprezzati e che potrebbero crescere ma restano bloccati per motivi logistici.
Il problema più rilevante non sono neppure i soldi, a mio avviso. E’ la mancanza di visione strategica, Alessandria fatica a considerare l’università come motore di crescita della città e del territorio, della società in generale.
E’ tempo ormai che chi ha le responsabilità politiche si faccia carico della situazione. Noi non possiamo fare altro che ragionare seriamente davanti a proposte concrete.
A Vercelli, ad esempio, gli ex locali del politecnico sono passati in carico all’Avogadro, ma c’è anche un’amministrazione ed un tessuto sociale che hanno messo in campo risorse. Sono consapevole del fatto che ad Alessandria ci siano altri problemi, ma ritengo che vadano affrontati, nella convinzione che si possano trovare delle soluzioni.
Spostare, ad esempio, l’Avogadro dal centro in periferia, agli Orti, è una di quelle cose da valutare con attenzione; intanto, però occorre una proposta concreta ed immediata.
L’Avogadro fa investimenti con una visione globale di ateneo multisede e paradossalmente è il nostro dipartimento a registrare le migliori performance. C’è da considerare che i problemi strutturali riguardano solo Alessandria.
Tra tutte quelle proposte, però, quale ritiene ottimale?
Abbiamo a portata di mano quella di un’università nel cuore della città…
Si era parlato anche di un Collegio universitario? Oggi non ci sono alloggi a disposizione degli studenti. Un handicap che rischia di costare caro.
Se penso da dove siamo partiti, e cosa abbiamo oggi, non posso che essere ottimista, anche se le mancanze sono diverse. La questione del servizio agli studenti, poi, va valutata, ma riguarda l’Edisu il quale avrebbe più possibilità di intervento se avesse a disposizioni immobili da ristrutturare.
E’ chiarissimo l’apporto che l’università da al Pil di una città. Ci sono migliaia di persone, ogni giorno, tra docenti, studenti, borsisti. C’è tutta la parte convegnistica che ha sempre poca eco ma che è importante e qualificante e porta in città centinaia di partecipanti che usufruiscono di hotel e servizi cittadini. C’è tutto l’indotto, a partire dall’acquisto di libri, computer, attrezzature… Un’università non può essere valutata per il numero degli iscritti anche se il passaggio da 270 a 540 matricole è un dato che conta, sicuramente.