Piatto unico: vincono penne e agnolotti. E l’equilibrio nutrizionale?
Il menù deve essere un mix perfetto tra piatti appetibili ai bambini e il corretto apporto nutrizionale. Il Comitato mensa ha informato sui riscontri del monitoraggio di questi mesi: vincono penne al ragù ricco e agnolotti sui bocconcini di pollo. Ma sembra che i problemi diventino anche la misura della pasta o la quantità del cibo
Il menù deve essere un mix perfetto tra piatti appetibili ai bambini e il corretto apporto nutrizionale. Il Comitato mensa ha informato sui riscontri del monitoraggio di questi mesi: vincono penne al ragù ricco e agnolotti sui bocconcini di pollo. Ma sembra che i problemi diventino anche la misura della pasta o la quantità del cibo
“Finalmente riusciamo ad avere un confronto su questo tema e più in generale sulla qualità di un servizio importante come quello delle mense scolastiche. Era ora visto che siamo a metà anno scolastico” ha esordito il presidente del Movimento 5 Stelle Angelo Malerba, che è stato uno dei primi a chiedere una commissione ad hoc su questo argomento. Ma il discorso è durato giusto l’arco di pochi minuti, prima di prendere la “piega sbagliata”: la seduta è stata sospesa dal presidente Renzo Penna per l’esposizione di cartelli di protesta da parte delle 6 ex cuoche (che facevano capo all’Usb) lasciate a casa ad inizio anno. Tre cartelli appesi dal loggione contro l’amministrazione che parlavano di “cuoche alla riscossa”. Solo dopo l’intervento della Polizia Municipale che ha fatto rimuovere i cartelloni, è iniziata la vera e propria discussione, che ha visto protagoniste tutte le voci coinvolte, ovvero l’assessore Maria Teresa Gotta, la dottoressa dell’Asl Tocci, il direttore dell’Aristor Alessandria, Mauro Brescia, il Comitato Mensa Cittadino (anche se era presente anche una rappresentanza dal loggione, del gruppo di genitori “contro il piatto unico” che ha un gruppo aperto su Facebook) e i dirigenti dei comprensori scolastici.
L‘assessore Maria Teresa Gotta sottolinea fin da subito l’importanza del momento del pasto a scuola e il ruolo importante svolto in prima persona dalle insegnanti. E cerca soprattutto di ridimensionare quello che viene da più parti individuato come un errore dell’amministrazione, ovvero la “mancata” collaborazione e il mancato dialogo con le famiglie nelle “novità” e nelle scelte fatte. “La scelta del piatto unico una sola volta a settimana, che è una proposta che continueremo a sviluppare fino alla fine dell’anno scolastico – spiega l’assessore – è maturata proprio dopo il confronto con i rappresentanti dei genitori, con il Comitato e dopo delle osservazioni come il fatto che viene consumato di più il primo, rispetto al secondo e che comunque il pasto non viene quasi mai consumato interamente, con spreco di cibo”. Su questo aspetto la Gotta sottolinea come “non si tratti di una questione di risparmio in termini economici o qualitativi, ma che il ragionamento segue il fatto che spesso intere pietanze vengono gettate nella spazzatura quasi intonse”.
Dal monitoraggio di questi mesi da parte del Comitato mensa nei diversi plessi scolastici è emerso come le due proposte di piatto unico rappresentate da penne al ragù ricco e da agnolotti siano apprezzate e gradite dai bambini, mentre non hanno raccolto il favore del palato dei piccoli il piatto composto da bocconcini di pollo, verdura e riso. “Molto fa anche il problema della presentazione – ha aggiunto Mauro Goglino del Comitato – perché i bambini non sono abituati a vedere nello stesso piatto il riso e il pollo”. “Proprio perché il pasto è un momento educativo – è intervenuto il presidente Roberto Sarti – bisognerebbe privilegiare quelle che sono le nostre tradizioni alimentari, che non sono certo rappresentate dal piatto unico, tipicamente anglosassone”. Il presidente della Lega Nord aggiunge anche come alcuni professionisti del settore dell’alimentazione sostengano addirittura che il piatto unico non riesca a dare il giusto apporto di proteine, vitamine, carboidrati, che invece deriva da una dieta più variegata, “mediterranea”.
La percentuale di gradimento del “contorno” si ferma al 25%; tra agnolotti e pollo i bambini scelgono il primo e tra patate e carote scelgono le prime: sembra quasi che si possa dire che nessuno ha scoperto l’acqua calda. Da che mondo e mondo i bambini preferiscono la pasta alla carne, le patate alle verdure. Ma l’importanza di “imparare a mangiare tutto” come dicevano le nonne di un tempo, quella che in gergo tecnico si chiama “educazione alimentare”, dove la mettiamo? E’ infatti importante riuscire ad arrivare ad un “mix perfetto tra gradimento da parte dei bambini e equilibrio nutrizionale” come ha detto il direttore di Aristor Mauro Brescia. “Vengono utilizzati solo prodotti di qualità, molti biologici, altri a Km 0, come il latte della Centrale di Alessandria e il prosciutto di un’azienda del territorio”. L’Aristor si è detta disponibile a modifiche, anche in base alle proposte che arrivano dalle famiglie e dall’amministrazione. Un aspetto che non è da trascurare, visto che la produzione per 50 plessi è di 4 mila pasti al giorno, è quella però delle potenzialità dell’azienda di produzione. Aspetto ricordato anche dalla dottoressa Tocci dell’Asl, che in qualità di tecnico, ha spiegato come l’azienda sanitaria locale operi da “supervisore” del servizio. “E normale che non si può stare dietro ai gusti di tutti i bambini. Nel momento di creazione di un menù, noi guardiamo che vi sia il giusto apporto calorico di tutto quello che i bambini necessitano e lo facciamo sul menù complessivo per 5 giorni a settimana”.
I suggerimenti e i piccoli dettagli che possono però rendere felici – e far mangiare – i bambini sono sempre importanti e ben graditi: ma questo non vuol dire portare un tema come quello della mensa scolastica, che non ha mai avuto una “prima pagina” ai livello dell’incredibile. Se come spiega il consigliere Emauele Locci (Fratelli d’Italia) il gradimento di un piatto di patate crolla quando queste vengono condite con il prezzemolo, rispetto a quando sono senza condimento (solo olio e sale), allora è giusto “assecondare” i gusti e cercare di “venirsi tutti incontro”. Ma forse quando ad essere messe in discussione sono le “dimensioni” della pasta servita… Il discorso “di misura” nasce dagli agnolotti: “troppo grandi per essere serviti ad un bambino di 4 anni. Vanno bene invece per uno di 11” ad esempio. L’agnolotto è un tipo di pasta fresca, molto morbido, che per i più piccoli è facilmente tagliabile in pezzetti più piccoli, o addirittura è “morsicabile” in piccoli morsi (quelli “da bambino”) direttamente dalla forchetta. Questo ragionamento si allarga al discorso “stesso menù” e quindi stesso apporto nutrizionale per un bambino di 4 anni e uno di 11. “Si l’apporto nutrizionale è identico, cambiano ovviamente le porzioni” risponde la dottoressa dell’Asl. Anche perché sarebbe davvero difficoltoso pensare che “mamma Maria” (nome di fantasia,ndr) che ha tre figli, uno di 4 anni, l’altro di 7 e il più grande di 11 debba a casa propria preparare tre menù differenti per classe di età dei propri figli. Il fronte invece economico di questa questione può essere discutibile, invece: “se le porzioni sono ridotte nel caso dei bambini più piccoli, delle materne, perchè il costo del pasto è però lo stesso di quello di una scuola secondaria?”. La differenza oggi è infatti non tra livelli scolastici (quindi di età), ma tra residenti e non residenti, con questi ultimi che pagano di più il buono pasto, rispetto ai primi. “Il costo coperto dalle famiglie è del 36%. E nel servizio non bisogna calcolare solo il cibo, ma anche il trasporto nei diversi plessi, ad esempio e la gestione complessiva del servizio – ha spiegato l’assessore Gotta – Quello del costo dei buoni pasto è un problema sociale, che va affrontato, questo è certo”. Anche la misurazione di chi serve delle “quantità” dei diversi alimenti per apportare complessivamente il giusto apporto calorico è entrato nel mirino: lo si fa ad occhio? Ed è quindi preciso per tutti in questo modo? Inutile dire che anche nel 2014 il buon vecchio “mestolo” sempre della nonna, difficilmente sbaglia. O comunque non crea danni all’alimentazione irreparabili, verrebbe sempre da dire, come considerazione.
Problematiche reali….e non. Tra le prime ne emerge una che esula dal cibo e dalla sua qualità e che è stata sollevata dal dirigente dell’Istituto comprensivo di Spinetta Marengo, Carlo Vergagni: “oggi la crisi si fa sentire sulla percentuale di bambini e ragazzi che escono da scuola, vanno a consumare il pranzo a casa e poi tornano. E’ un buon 40% quello che torna a casa per pranzo senza usufruire del servizio mensa”. Forse è questo un dato preoccupante, un dato “sociale”.
Così tra agnolotti troppo grandi, bocconcini di pollo non graditi e riso come contorno, tra problemi di quantità e di pasti che non possono (secondo alcuni) essere gli stessi per bambini di 4 anni e “compagni” o fratello di 11 anni, quello che è invece un vero caso, un problema da porsi, non viene nemmeno menzionato (se non dal consigliere Cammalleri dei 5 stelle): “perché non si fa mai riferimento, nel bene o nel male, e non arrivano critiche (costruttive e non per forza distruttive) però alle merendine che vengono date al pomeriggio come merenda, che nulla hanno di biologico e di salutare?”. Perché? Forse la risposta è troppo ovvia…..