Monsignor Guido Gallese: “Spero di trovare l’apertura del cuore e della mente”
Il nuovo vescovo di Alessandria, monsignor Guido Gallese, parla della sua vocazione e dei suoi obiettivi per il nuovo incarico alla diocesi alessandrina
Il nuovo vescovo di Alessandria, monsignor Guido Gallese, parla della sua vocazione e dei suoi obiettivi per il nuovo incarico alla diocesi alessandrina
Per conoscere e far conoscere monsignor Guido Gallese – che con i suoi cinquant’anni compiuti il 19 marzo scorso è il più giovane vescovo residenziale d’Italia – abbiamo voluto partire dagli inizi della sua la vocazione al sacerdozio.
La mia vocazione al sacerdozio è nata attraverso una lunga tribolazione. Sono nato in una famiglia cattolica, i miei genitori erano cattolici, mia madre in modo particolare era molto fervente, di una fede che non si fermava all’apparenza, alla pratica religiosa, ma nascondeva una ricerca continua. Io la prendevo in giro e la chiamavo teologa e lei si infuriava, non chiamarmi teologa, non sono una teologa. Però la mamma era una donna che aveva un profondo senso di Dio, quel senso di Dio che deriva dalla contemplazione e che può dare tantissimo. Lei mi ha trasmesso la fede e poi sono entrato negli scout al terzo anno di liceo, seguendo la sua raccomandazione di entrare in qualche gruppo per non essere portato via dalla corrente. Ho avuto la fortuna di avere un assistente scout strepitoso ed un prete eccezionale che si chiamava don Angelo Bagnasco, come possiamo vedere adesso da cardinale.
Ho avuto una formazione molto bella, molto profonda che mi ha segnato grandemente, un amore al Rosario che mi ha inculcato mia madre. Già dalle medie andavo a Messa durante la settimana e al liceo più regolarmente. Poi ho cominciato a chiedermi che cosa vuole il Signore da me, piuttosto che cosa io voglia fare da grande. Ero un felice e appassionatissimo matematico – in seconda media avevo già deciso di fare matematica – però ho cominciato a pormi delle domande con la direzione spirituale del mio assistente scout e ho cominciato con il rosario e la Messa quotidiane, poi la meditazione quotidiana e sono arrivato a un punto in cui la mia vita spirituale era cresciuta veramente. Però, quanto ad orientamento vocazionale ero al buio come il primo giorno. Il Signore a volte fa così. Ci mette alla prova.
E’ andata a finire che nell’estate dell’85 il Signore mi chiamava. Ho guardato un po’ indietro la mia vita facendo un lungo periodo di preghiera e ho capito che il Signore mi chiamava a consacrarmi.
Ho cominciato una tesi molto tecnica di matematica poi le cose sono precipitate perché a settembre del 1985, a Genova, è venuto Giovanni Paolo II. Avevo letto qualche cosa sugli Apostoli che mi aveva veramente scaldato il cuore e quando è arrivato Giovanni Paolo II ho sentito proprio la presenza di Pietro che veniva a confermare nella fede la comunità di Genova. Quando è arrivato al palasport di Genova, 15.000 giovani, una cosa, un’esperienza pazzesca. Io al palasport ho visto di tutto – la pallacanestro, il football americano, il motocross, i concerti dei vari cantanti e gruppi musicali – ma quando è arrivato il Papa che alzava le mani le gradinate venivano giù, una cosa incredibile, avevo la pelle d’oca. E poi ci ha detto delle parole fortissime: giovani prendete la vostra vita nelle vostre mani e fatene un capolavoro per Dio.
E così questo desiderio di essere a disposizione del Signore è diventato sempre più grande fino a precipitare in pochi giorni: una sera sono andato dal mio padre spirituale esprimendo il desiderio di raccontargli la mia vita spirituale per fare un po’ il punto della situazione, non capendo più gran che. Alla fine del racconto gli ho detto che avevo deciso di diventare sacerdote diocesano. “Sono tre anni che lo penso”, mi rispose. Così ho deciso di entrare in Seminario a 23 anni.
Sono andato dal mio capo clan a dire che entravo in Seminario e la sera più divertente è stata quella in cui lo dicevo e osservavo la faccia dei miei amici perché nessuno ci credeva e poi tutti si fermavano a vedere la reazione di quello che veniva dopo. E’ stata una delle serate più divertenti della mia vita.
Ho dato gli ultimi quattro esami e nel dicembre ’87 il cardinal Siri mi chiamò e mi disse “Caro, i tuoi superiori hanno fiducia in te, anch’io. Chiedo al Papa la dispensa per farti ordinare Diacono”. E il 23 aprile dell’88 sono stato ordinato Diacono dal cardinal Canestri, in terza Teologia, prestissimo, il giorno di San Giorgio, patrono degli Scout e anche di Genova. Poi è successo che nel ’90 il cardinal Canestri mi ha chiamato e mi ha detto che aveva pensato di anticipare la mia ordinazione presbiterale il 29 settembre del ’90, san Michele Arcangelo raffigurato come San Giorgio, quindi devo lottare molto con il demonio, me ne sono accorto, e sono diventato sacerdote.
Anni dopo, in prossimità del mio anniversario di ordinazione il mio padre spirituale attuale mi ha detto: caro don Guido, quasi tutti i santi hanno ricevuto le stigmate nella quaresima di S. Michele Arcangelo e la ragione è questa: se uno vuole trafiggere il demonio deve lasciarsi trafiggere come Gesù Cristo. Perciò io vengo con questa prospettiva: la voglia di amarvi da morire e anche con la consapevolezza che non ne sono capace. Di mezzo c’è per fortuna la Grazia.
Sono diventato vice rettore del Seminario maggiore poi ho fatto tre anni il vice parroco in una grossa parrocchia di città, Quarto dei Mille. Successivamente, sono stato mandato parroco con don Giacomo Casaletto a Lavagna e nello stesso tempo studiavo a Roma Filosofia, un massacro.
Siamo stati mandati a chiudere le parrocchie dicendo alla gente di diventare responsabili, di imparare a camminare da soli perchè i parroci che sarebbero venuti dopo di noi avrebbero abitato giù in città, e sarebbero arrivati in parrocchia solo a celebrar Messa la domenica. La gente si è svegliata, io ho preso la patente per guidare i pullman ed abbiamo acquistato un pullmino da 17 posti radunando tutti i
Lei, che è nato nell’anno in cui iniziava il Concilio Ecumenico Vaticano II, cosa ha rappresentato questo evento e, soprattutto, cosa può rappresentare per i giovani che non l’hanno conosciuto, vissuto.
Penso che il Concilio sia ancora molto da realizzare, il nostro Santo Padre ha proprio ragione. Anche Giovanni Paolo II diceva che dobbiamo ancora studiarlo, rileggerlo, conoscerlo. Il cardinal Siri, che passava per un anti conciliare, aveva delle uscite che fanno pensare, perché diceva che il Concilio va letto in ginocchio.
Partendo dalla mia esperienza di pastorale giovanile, che è quasi esclusivamente sul magistero del Papa, vedo che i giovani hanno comunque voglia di sapere. Quest’anno io non ho detto “bah” e loro han deciso di prendere in esame i discorsi di Bagnasco e di Crociata alla GMG, rivedendoli e ristudiandoli, insieme ai discorsi del Papa. Il Concilio ha ancora molte cose da dire ai giovani, che capiscono molto meglio di noi. I giovani di oggi sono molto più liberi interiormente di noi. Sento tante lamentele sui giovani. M sono molto meglio di noi perché loro prendono la verità e gli vanno dietro, non si fanno le turbe nostre, dei nostri tempi, non hanno i nostri preconcetti.
Ai giovani, nel suo messaggio, ha detto “fatemi sentire a casa”. Cosa chiede ai giovani di Alessandria.
Voglio avere un posto nel loro cuore, essere un pezzo della loro famiglia. Per me, dopo questi cinque anni, la casa sono i giovani. Stasera (martedi 23 ottobre, ndr) ho forse l’ultimo incontro con i miei giovani ed è un pezzo di cuore che si strappa. Per me il martedi è il giorno più bello della settimana, è il giorno in cui mi incontro con i giovani, sto con loro visivamente, c’è una bella Messa alle sette di sera con questi che partecipano con un cuore grande, ci mangiamo una pizza insieme e facciamo qualcosa di molto bello. Voglio che i giovani abbiano un rapporto con il loro Vescovo, che si sentano a casa con me, che si sentano in famiglia con me e che io mi senta in famiglia con loro.
Al clero, ai consacrati e alle consacrate che lo attendono cosa chiede.
Al clero non voglio chiedere niente. Nell’Anno della Fede chiedo che credano in Dio. E’ una cosa che può scandalizzare. Non penso di andare in una Diocesi dove ci sono dei preti atei ma è il programma che mi sono fatto per quest’anno. Devo dire che nella vita spirituale più vado avanti più sto regredendo alle basi. Adesso, il mio punto centrale è che io creda in Dio. Con la testa ci sono, ringraziando il cielo non ho problemi di ortodossia, di essere fuori dalla dottrina della Chiesa, ma col cuore. Ogni tanto vedo della gente con una fede semplice, ma così profonda, ma così vera che il Signore sembra quasi che lo vedano.
Non vengo ad Alessandria per essere un manager. Vengo per essere il Pastore mandato dal Signore e ai preti chiedo che credano. Ma la cosa importante è che io sono qui per loro, prima di tutto per loro. Facendo il padre spirituale del Seminario mi sono molto appassionato alla vita di questi giovani che decidono di donarsi al Signore. Aiutarli è la cosa bella che ho visto in questi anni. Ho visto i nostri seminaristi che vanno in crisi prima dell’Ordinazione: è una grazia del cielo. Possono essere aiutati quando hanno una comunità attorno ed è bello aiutare questi giovani a rendere il loro cuore libero per servire il Signore.
Io ci sono per i miei preti, prima di tutto per quelli che soffrono, perché la sofferenza di un prete è una cosa dura. Non bisogna lasciar soli i preti. Voglio non lasciarli soli. So che sarà un’impresa difficile. Quello che può fare un prete, la benedizione di un prete, la consacrazione, il rimettere i peccati, sono cose incredibili.
Nel mio indirizzo di saluto, ai religiosi e alle religiose ho detto loro di essere segni della sponsalità. Nel mio ministero mi è capitato tante volte di incontrare dei consacrati che hanno perso il senso della sponsalità. E quando perdiamo questo le cose che facciamo diventano pesanti. E quindi finiamo in relazioni brutte: i maschi a farsi i fatti propri le donne invece si inaspriscono. Voglio che i consacrati e le consacrate veramente presentino lo scandalo di Cristo agli occhi del mondo, che è bellissimo. E’ la parola di speranza più bella: quella di persone che in questo mondo, fatto di consumo e di denaro, vivono la povertà, in questo mondo fatto di sesso vivono la castità, in questo mondo fatto di altre realizzazioni vivono la Chiesa. Io voglio che questa gente sia scandalosa. Sono contento anche che abbiamo il monastero di clausura a Betania di Valmadonna e sono contento di aver conosciuti, mesi fa, madre Amata.
E agli alessandrini cosa chiede.
Chiedo che seguano i loro sacerdoti, che li amino, così i loro sacerdoti potranno aiutarli.
Eccellenza, viene in Alessandria in un momento difficile per tutta la città.
Lo so, sono problemi grossi. Ho letto negli occhi del mio Vescovo, che è anche presidente della CEI, il dolore per questa situazione. Mi ha impressionato il vederlo addolorato e impotente. Anch’io sono impotente ma ho qualcosa di grande fra le mie mani, che è il Vangelo e che ci chiede di andare incontro agli altri non solo per un dovere di giustizia ma di amore. Se noi facciamo le cose per amore, con amore, l’amore sana anche le ferite degli animi, che sono le più profonde. Credo che l’amore sia la cosa che serve anche a sistemare le cose, a riguardare i problemi in una chiave differente, non di contrapposizioni, non di egoismi, non di meschinerie piccole ma guardare le cose da una prospettiva più larga. Se questo amore si diffonde dentro lo status sociale allora cambia tutto e insieme la crisi si supera. Però ci deve essere l’amore alla base. Gratis.
Spero di trovare degli amministratori, delle autorità civili e non la solita precomprensione e pregiudizi ideologici. Spero di trovare l’apertura del cuore e della mente a capire la forza che dà la visione cristiana per la società civile. Che non è una forza semplicemente sociale. E’ un’anima speciale che cambia tutto. Spero di non trovare arroccamenti ideologici che fanno del male anche a se stessi perché poi la faziosità ti farà morire soffocato nel tuo quadratino che ti sei ritagliato. E’ soltanto l’amore quello che cambia la realtà di una società.
Ha già pensato al suo stemma?
Vulnerasti cor meum (dal Cantico dei cantici cap. 4) Tu mi hai rapito il cuore sorella mia, mia sposa, mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo , con una perla sola della tua collana.
Monsignor Guido Gallese è arrivato all’appuntamento genovese a bordo della sua bicicletta pieghevole. Eccellenza, cosa ne farà da Vescovo del suo mezzo di locomozione?
Me la porto dietro in Alessandria.
Perché usa la bicicletta?
Perché abito nel centro storico di Genova e posso usare lo scooter o la bicicletta. La macchina l’ho regalata a mio nipote.
Pensa di utilizzarla anche ad Alessandria?
Può darsi. Vedremo. Non per andare in visita pastorale ma per girare si può fare. Mi fa bene fisicamente. Sono un iper sportivo. Giocavo a pallacanestro come sport principale, calcio, nuoto, pattinaggio, skateboard, snowboard, sci.
Monsignor Guido Gallese ha un fratello: Riki. Vuole parlarcene?
Lavora in Regione. E’ più giovane di due anni. Ha cinque figli. E’ ancora capo scout. E’ un uomo di grande fede, va a Messa tutti i giorni. Fra noi c’è una grande complicità.
E agli scout alessandrini cosa dice?
Ricordatevi della C, che è nel motto della nostra associazione.
Domenica 25 novembre, alle 15,30, nella cattedrale di Alessandria monsignor Guido Gallese prenderà possesso della nostra Diocesi.Non abbiamo il mare e il clima di Genova ma gli alessandrini sapranno accoglierlo e farlo sentire a casa propria.
L’articolo è stato gentilmente concesso dal settimanale La Voce Alessadrina, su cui è apparso per la prima volta